Una decisione importante è arrivata dalla Corte Costituzionale: con la sentenza n. 68 del 2025, viene finalmente riconosciuto il diritto alla doppia maternità per i bambini nati in Italia da coppie di donne che hanno scelto la procreazione medicalmente assistita (PMA) all’estero.
Finora, chi non aveva partorito – pur avendo condiviso tutto il percorso della gravidanza e della genitorialità – doveva affrontare una procedura lunga e incerta: l’adozione in casi particolari. Un percorso che, oltre alla burocrazia, comportava anche una sorta di attesa sospesa, come se quel legame profondo, costruito giorno dopo giorno, dovesse ancora essere riconosciuto.
La Corte ha ritenuto tutto questo ingiusto e non più accettabile, perché mette a rischio il benessere e la stabilità affettiva del bambino. Il legame con entrambe le madri deve essere riconosciuto subito, all’atto di nascita, senza passaggi intermedi.
Si tratta di una scelta che guarda prima di tutto al diritto dei figli, e che si fonda su principi costituzionali forti: la tutela della persona, l’uguaglianza tra i bambini, il dovere dello Stato di sostenere le relazioni affettive autentiche.
È bene chiarire che questa sentenza non cambia la legge italiana sull’accesso alla PMA, che rimane riservata alle coppie eterosessuali. Ma apre una breccia importante: una famiglia che sceglie la PMA fuori dall’Italia, e accoglie un figlio insieme, può finalmente vedere riconosciuto da subito quel progetto di vita comune.
Un segnale che ci riguarda da vicino
Per chi, come noi, si occupa di fertilità con un approccio umano e integrato, questa sentenza ha un valore che va oltre il singolo caso.
Racconta di un mondo che cambia, dove le forme della genitorialità si diversificano, e dove ogni bambino ha diritto alla continuità affettiva e alla sicurezza emotiva.
La Procreazione Naturalmente Assistita (PNA) nasce proprio da questa visione: un percorso che non si limita alla tecnica, ma che mette al centro la relazione, la salute degli organi che accolgono la vita, la qualità del concepimento e la storia personale di chi desidera diventare genitore.
Anche per questo, la sentenza della Corte non è solo una notizia giuridica: è un passo verso una cultura della fertilità più inclusiva, rispettosa e consapevole.